La prostituzione elevata a favola, a status cui ambire. Ma chi vuole giocare ad essere una prostituta? Eppure è ciò che propone (con una ‘comprensibile’ azione di marketing) il Beverly Wilshire Hotel di Los Angeles, in occasione del 25ennale di uscita del film con Julia Roberts e Richard Gere, lanciando “Pretty woman for a day”, offerta rivolta
alle coppie, per “essere la star della propria storia d’amore” , “ricreando momenti del film”. Un fine settimana “glamour” per due, alloggiando nella suite che venne utilizzata per le riprese. “L’esperienza” comincia con un personal shopper per gli acquisti in Rodeo Drive (perché lei non ha nemmeno buon gusto nel vestirsi), quindi con gite in Rolls royce, un pic nic ‘a piedi nudi nel parco’, una serata all’Opera a cui si può aggiungere l’opzione di “mimare le scene classiche del film” con un servizio fotografico esclusivo. “Il finale da favola? Quello dipende da voi” si legge sul sito dell’albergo.
I mass media, nel rilanciare la notizia, assicurano che l’opzione, con pacchetti da 20 a 100 mila dollari (cioè da circa 18 a 87 mila euro; ma chi ha tanti soldi per divertirsi perché dovrebbe sprecarli così?) comprende, per le aspiranti ‘Pretty Woman’, lezione di etichetta, di trucco e capelli.
Il punto, comunque, non è questo: perché una donna dovrebbe sentirsi gratificata nell’interpretare una prostituta che si vende per la strada e che poi viene ‘salvata’ dal riccone di turno? Una donna che prima per denaro (e per necessità? o aveva una scelta?) vende il proprio corpo al miglior offerente e poi, per amore, diventa la bella statuita che lui veste e porta alle feste o usa per dare un’idea di famiglia felice? E’ l’elegia della prostituzione (il termine, di per sé sottointende che sia femminile, quella maschile è specificata oppure si parla di gigolò), ben diversa dallo schiavismo reale delle strade.
Dobbiamo aspettarci ora che ci offrano (a pagamento, s’intende) l’esperienza di lavorare in fabbrica come Debra Winger in “Ufficiale e gentiluomo”, in modo che il nostro amato, in divisa, emulando ancora una volta Richard Gere (si proprio lui, l”American Gigolò’), venga a prenderci in braccio, tra gli applausi delle colleghe?
Il problema posto da questi due film non è da poco: lei, giovane e bella, è sempre una figura da niente o una donna senza futuro che lui salva, economicamente ma anche moralmente, sposandola. Anche aggiungendoci l’amore, è un modello sbagliato, che pone le donne in attesa del salvatore, anziché pronte a studiare, impegnarsi, rimboccarsi le maniche per fare carriera (e diventare magari regine di wall street o pilote di jet). Dovrebbero girare il sequel di entrambi i film e mostrarci che ne resta di lei dopo aver trascorso la vita ad accudire lui, la casa, i figli, magari seguendo il suo ‘salvatore’ in giro per il mondo tra hotel di lusso o basi militari. E’ davvero un sogno?
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