La Madonna è stata la prima a praticare la maternità surrogata? In fondo ha portato in grembo il figlio di Dio, non del marito Giuseppe. La sua è stata una grande scelta d’amore, cosi ci è stato insegnato. E l’ha compiuta benché giovanissima e coniugata.
Il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona, nominato da Papa Francesco all’interno del Sinodo sulla famiglia, ha definito (La Stampa 7 gennaio) “l’utero in affitto, come una pratica
degradante per la donna ridotta a incubatrice dei desideri altrui”. Tutto ciò per spiegare i timori della Chiesa per cui la stepchild adoption, l’adozione di figliastri, prevista dalla legge in discussione sulle Unioni civili, potrebbe poi spingere le persone ad andare all’estero, nei paesi dove la maternità surrogata non è vietata come in Italia, “per avere un bambino” da far poi adottare anche dal partner: “Noi crediamo che il figlio non sia un diritto” – ha aggiunto. Ma se fosse una scelta d’amore?
E’ di per sé significativo, d’altra parte, che il cardinale ritenga necessario precisare, in un’intervista a ‘La fede quotidiana’ del 7 agosto scorso, che ‘Maria Santissima’, “è prima di tutto donna, sposa e madre. Tre parole che nella cultura generale si sono perse”, mentre “non è la compagna, non è una madre in affitto. Vive in casa, fa la casalinga, pensa al suo futuro, conosce l’amore e lo celebra nella sua femminilità”. Purtroppo le tre parole citate non si sono perse nella cultura generale, anzi; sono i concetti su cui si incardina la cultura patriarcale vigente, di matrice non solo cattolica, e che automaticamente pone ‘al di fuori’ coloro che non si sposano, non sono madri, non si occupano solo di faccende domestiche (queste lo facciamo tutte, volente o nolente) e di cura ma hanno anche un lavoro retribuito o esprimono liberamente la propria femminilità anche, e non solo, attraverso la libertà sessuale.
Persino la stampa estera ha ritenuto degne di nota le invettive del ministro Angelino Alfano, erettosi a paladino del Cattolicesimo, che sull’Avvenire (6 gennaio) parla dell’utero in affitto (termine già dispregiativo in sé) come del “mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare”, un “reato universale” che deve essere “punito con il carcere. Proprio come succede per i reati sessuali” dicendosi pronto a guidare un referendum abrogativo se la legge, che nemmeno parla di maternità surrogata, venisse approvata con la stepchild adoption.
Come se non esistesse da sempre la prostituzione, con tante schiave sulle nostre strade, che spetterebbe al Ministro debellare: è davvero peggio chiedere il consenso ad una donna (magari giovane e sposata) perché aiuti una coppia ad avere un figlio o raccoglierla dal bordo di una strada, dove deve stare per coercizione, e usarne il corpo per provare solo un po’ di piacere fisico?
Come se non ci fossero la pedofilia, con relativo turismo sessuale, di cui gli italiani sono, in base alle statistiche, i principali consumatori: quale iniziativa legislativa intende assumere il Governo per arginare questo ripugnante mercimonio? E ancora ci sono i femminicidi, la violenza domestica, la violenza assistita dai minori, tutti fenomeni brutali che lo Stato italiano, ratificando la convenzione di Istanbul, si è impegnato a contrastare, anche se finora, degli 81 punti del trattato che punta soprattutto a rimuovere le cause della violenza contro le donne e a fare prevenzione, ha concretizzato qualche piccolo passo solo sul fattore della repressione.
Ma il vero punto è: dobbiamo davvero stilare una classifica dell’abiezione umana? Che poi si riduce, a ben guardare, alle diverse forme di oppressione e di abuso degli uomini sulle donne e i bambini?
Preferisco immaginare il ministro dell’Interno impegnato a prevenire che in Italia accadano fatti come quelli di Colonia, gravissimi per la dignità delle donne ridotte collettivamente a preda sessuale e che forse hanno una matrice etnica nella guerriglia globale in atto (Boko Haram e tutte le guerre, civili e non, insegnano; ma anche la foto del carnevale di Colonia parla chiaro), piuttosto che a porre il veto su una legge che, in forma indiretta e remota, potrebbe forse essere usata per bypassare il divieto alla maternità surrogata, che resta legge in Italia.
In ogni caso la decisione sui corpi delle donne spetta solo alle donne. Il Governo tuteli questo diritto costituzionale, attui un welfare e promuova uno sviluppo economico che aiutino le donne a riscattarsi da una subalternità che non è negli enunciati ma è di fatto. E la Chiesa, rispettando la laicità dello Stato, da buona pastora, indichi un cammino di fede che aggreghi il proprio gregge anziché cercare di rinchiudere tutti tra arbitrari paletti, magari cominciando a pensare al sacerdozio femminile, alle donne come guide spirituali e non solo come grembi.
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